GEAS Donne che studiano la Terra

Donne che studiano la Terra Rosa María Mateos e Ana Ruiz Constán illustrazioni Nívola Uyá GEAS

GEAS Donne che studiano la Terra © Testo Rosa María Mateos e Ana Ruiz Constán © Illustrazioni Nívola Uyá Titolo originale in spagnolo GEAS Mujeres que estudian la Tierra Traduzione in inglese a cura di Lynsey MacLeary, Sofía Barragán Montilla, Isabella Michelle Sulvarán, Daniela Navarro Pérez e Mónica Alejandra Gómez Correa. Traduzione in italiano dalla versione in inglese a cura di Maria Teresa Melis e Silvia Giuliani. Coordinamento per il progetto ENGIE: Eva Hartai e Anita Stein. Estate 2022

Rosa María Mateos e Ana Ruiz Constán illustrazioni Nívola Uyá Donne che studiano la Terra GEAS

Ringraziamenti La commissione Women and Geology della Geological Society of Spain (SGE), l’ Association of Ibero-American Services for Geology and Mining (ASGMI) e la European Federation of Geologists (EFG) hanno reso possibile di vedere la luce del giorno alla prima versione di questa pubblicazione in spagnolo e inglese. Si ringrazia inoltre EIT Raw Materials , che finanzia il progetto europeo ENGIE: Encouraging Girls to Study Geosciences and Engineering ; e i leader di GeoLatinas Lynsey MacLeary, Sofía Barragán Montilla, Isabella Michelle Sulvarán, Daniela Navarro Pérez e Mónica Alejandra Gómez Correa per il loro supporto nella traduzione di GEAS in inglese. “Confidiamo che, attraverso questa “sorellanza”, le vite di queste dodici pioniere della geologia saranno conosciute in tutto il mondo” Comisión Mujeres y Geología Sociedad Geológica de España

Donna | Paese | Area di competenza | Epoca 1 Mary Anning | Regno Unito | Collezioni fossili | 1799-1847 2 Florence Bascom | Stati Uniti | Petrologia e Insegnamento |1862-1945 3 Inge Lehmann | Danimarca | Geofisica | 1888-1993 4 Marguerite Thomas Williams | Stati Uniti | Sedimentologia | 1895-1991 5 Dorothy Hill | Australia | Paleontologia | 1907-1997 6 Mary Leakey | Regno Unito | Paleoantropologia | 1913-1996 7 Mareta Nelle West | Stati Uniti | Astrogeologia | 1915-1998 8 Marie Tharp | Stati Uniti | Cartografia | 1920-2006 9 Carmina Virgili | Spagna | Stratigrafia e Politica |1927-2014 10 María Fernanda Campa Uranga | Messico | Ingegneria geologica e Politica | 1940-2019 11 Katia Kraft | Francia | Vulcanologia e Rischi geologici | 1942-1991 12 Kathryn Dwyer Sullivan | Stati Uniti | Geologia marina e planetaria | 1951

Ci sono storie che non troviamo in nessuna storia ufficiale e che possono essere liberate solo ascoltando attentamente e prestando attenzione ai sussurri delle donne. Rosa Montero

Premessa La Geologia è la scienza che esplora la Terra, che ne scava l’interno per scoprire le scosse e i cambiamenti che il nostro pianeta ha vissuto nel tempo. Fin dalle nostre origini, gli umani si sono sentiti attratti dai misteri nascosti da questa sfera schiacciata, da questo punto blu nello spazio. E sebbene la curiosità e il talento trascendano le barriere di genere, la storia ha omesso senza esitazione i contributi di donne straordinarie che non solo hanno affrontato l’ignoto, ma hanno anche resistito agli stereotipi e alle convenzioni sociali del loro tempo. Con GEAS: Donne che studiano la Terra (‘Mujeres que estudian la Tierra’ in spagnolo), viaggeremo nel tempo per dare voce a 12 geologhe di epoche, contesti storici e nazionalità diversi, ma tutte con qualcosa in comune: hanno lasciato un segno indelebile negli strati del nostro sapere. Queste dodici donne hanno sfidato la società del loro tempo per percorrere lungo il difficile ed impegnativo cammino della scienza. Inizieremo il nostro viaggio con le disgrazie di Mary Anning all’alba del XIX secolo; assisteremo ai progressi rivoluzionari compiuti nel corso del XX secolo; e finiremo a fluttuare nello spazio mano nella mano con Kathryn Dwyer durante il 21° secolo. È una realtà inconfutabile quella che abbiamo imparato a diventare geologi senza la loro influenza; siamo cresciuti senza conoscere i loro nomi e abbiamo sviluppato le nostre carriere scientifiche senza questi modelli femminili. È giunto il momento di portarli alla luce, di rispolverare i libri di storia, di scrivere le righe mancanti descrivendo in dettaglio i loro successi, le imprese e le scoperte.

I profili e i campi di competenza raccolti da GEAS sono diversi e riecheggiano non solo meriti e risultati scientifici. Alcune delle nostre protagoniste, come Chata Campa, Carmina Virgili e Kathryn Dwyer, erano donne con una grande coscienza sociale, che hanno lasciato un segno importante nella politica del loro tempo. Altre, come Florence Bascom o Mary Leakey, hanno svolto un ruolo fondamentale nel trasmettere la conoscenza alle generazioni future, e in particolare alle donne. Nívola Uyà è riuscita a catturare nelle sue illustrazioni le anime e la diversità di queste dame del martello e del compasso. Le pioniere si presentano ai nostri occhi nel bel mezzo del loro lavoro, autentiche, piene di sfumature e circondate da una moltitudine di dettagli travestiti da pennellate terrene, oceaniche e stellari. Certamente, le donne scienziate veterane che incontrano GEAS si vedranno descritte in queste pagine in molti luoghi. Tutte loro, note e anonime, hanno reso possibile e continuano a rendere possibile l’inarrestabile progresso dei diritti delle donne nella scienza. Ai giovani lettori, che un giorno trasmetteranno questa conoscenza ad altri, offriamo il saggio consiglio della geologa australiana Dorothy Hill: “ Non aspettare che il mondo ti offra ciò che potresti pensare sia dovuto ”. Per i nostri lettori non di lingua spagnola, la parola GEAS può sembrare misteriosa o priva di significato. La usiamo come simbolo per tutte le donne che si sono dedicate allo studio della Terra. Deriva dal greco γαια, che è stato romanizzato come Gaia e successivamente si è evoluto fino a diventare Gea in spagnolo. Era il nome della dea primordiale che personifica la Terra nella mitologia greca. Inoltre, in spagnolo, nominiamo professionisti che si dedicano alla geologia in due modi diversi, a seconda che siano uomini (geólogos) o donne (geólogas). Così, abbreviando GEólogAS, siamo arrivati a GEAS. Rosa María Mateos e Ana Ruiz Constán

Rosa María Mateos Biografie di Florence Bascom, Marguerite Thomas Williams, Dorothy Hill, Mary Leakey, María Fernanda Campa Uranga e Kathryn Dwyer Sullivan. Ana Ruiz Constán Biografie di Mary Anning, Inge Lehmann, Mareta Nelle West, Marie Tharp, Carmina Virgili e Katia Kraft.

Mary Anning Una vita insolita scolpita nella pietra All’inizio del XIX secolo, quando la raccolta di fossili non era altro che un hobby e la paleontologia non esisteva ancora come scienza, una donna single, di basso rango e senza istruzione, fece scoperte che la posero saldamente al centro di dibattiti all’interno dell’elite del mondo scientifico. Durante quegli anni, i fondamenti della geologia venivano stabiliti all’interno della Geological Society of London (1807), un club selezionato che non accettò mai come membro “la madre della paleontologia”, o qualsiasi altra donna, fino al 1919. Mary Anning nacque nel 1799 a Lyme Regis, una città costiera dell’Inghilterra, situata vicino all’Equatore e ricoperta dalle acque di un mare tropicale 200 milioni di anni prima. Le rocce delle scogliere dove viveva Mary sono ricche di fossili giurassici, che il padre di Mary raccolse per integrare il reddito familiare. La sua morte improvvisa, quando Mary aveva solo 11 anni, fece sì che la famiglia dovette vendere curiosità (come ammoniti e belemniti) per sopravvivere. Dei 10 figli nati dal matrimonio, solo Mary e suo fratello Joseph sono sopravvissuti alla loro infanzia. La fortuna sorrise loro quando Joseph trovò il teschio di quello che sembrava essere un coccodrillo. Dopo un anno di continue ricerche, Mary riuscì a scoprire i resti di una strana creatura lunga più di 5 metri: il primo Ittiosauro. Il rettile marino attirò l’attenzione dei circoli scientifici di Londra e la reputazione della famiglia Anning si diffuse. Tuttavia, il loro reddito era scarso e la loro occupazione pericolosa. Richiedeva loro di camminare sotto le scogliere dove crollavano frammenti di roccia e Joseph lasciò la professione. Nel 1820, Mary trovò lo scheletro di un nuovo rettile marino, un Plesiosauro. Il suo collo era estremamente lungo e destò il sospetto dell’anatomista Georges Cuvier, il quale suggerì che si trattasse di una falsificazione. Una volta risolta la controversia, e Cuvier corretto, il negozio di Mary iniziò a ricevere visite da geologi e collezionisti internazionali. Da sola imparò le caratteristiche dei fossili: copiò articoli scientifici, disegnò illustrazioni, sezionò pesci e seppie… Tuttavia, i suoi contemporanei hanno attribuito le sue scoperte a un favore divino, perché quando aveva solo un anno era miracolosamente sopravvissuta a un fulmine. Mary era consapevole che i “signori della scienza” la usavano per guadagnare prestigio senza darle credito e la situazione rimase tale fino al 1828, quando trovò il primo scheletro di Pterosauro fuori dalla Germania e il geologo William Buckland le attribuì il ritrovamento. Anning morì di cancro in giovane età, a soli 47 anni. Le sue scoperte hanno evidenziato che la Terra era abitata in precedenza da specie molto diverse, mettendo in discussione le teorie creazioniste e formando il fondamento della teoria dell’evoluzione, che Darwin avrebbe formulato 50 anni dopo. Sebbene lavorasse a distanza dalle istituzioni formali, il suo nome è stato registrato da alcune di queste istituzioni. Una chiesa di Lyme Regis fece una vetrata in suo onore, “commemorando la sua capacità di promuovere la scienza della geologia”, e la Geological Society di Londra pubblicò un panegirico, il primo dedicato a una donna e l’unico panegirico in onore di un non- membro della Società. L’umile Mary Anning è riuscita a passare alla storia. “Il mondo mi ha usato in modo così scortese, temo che mi abbia reso sospettosa di tutti.” 15

Florence Bascom La geologa che ha aperto la strada Nonostante il suo aspetto fragile, quello di una musa del Romanticismo, Florence Bascom era una donna moderna e singolare. Di fatto, ha completamente frantumato la cupola di vetro delle società scientifiche americane, aprendo una finestra per tutte noi geologhe che siamo venute dopo. Florence era figlia di una suffragista e guida vocazionale e nacque nella verde cittadina di Williamstown (Massachusetts) il 14 luglio 1862. Da bambina Florence dimostrò una spiccata attitudine allo studio e all’osservazione e una naturale curiosità per la natura. A 25 anni, era già laureata in arte e letteratura e in scienze e aveva preso un Master of Science in geologia presso l’Università del Wisconsin. Tutti questi successi furono ottenuti nonostante numerose difficoltà, poiché le era proibito accedere alla biblioteca o frequentare determinate classi che erano esclusivamente per uomini. Florence Bascom era così appassionata alle scienze della Terra che voleva andare ancora oltre. Ottenne un dottorato di ricerca in geologia nel 1893 alla Johns Hopkins Universit y, ricevendo lezioni dietro uno schermo in modo da non distrarre i suoi compagni di classe. La sua tesi fu significativa e ha ribaltato i risultati di numerose indagini precedenti. Florence non solo attuò nuove tecniche nello studio delle rocce (petrografia), ma riclassificò anche una serie di rocce e minerali che non erano quello che sembravano essere. La tesi di Florence fu presentata in modo così brillante che lei venne scelta come membro della Geological Society of America , solo la seconda donna a raggiungere questo status. Tuttavia, le restavano altre barriere da abbattere. I suoi notevoli progressi nei campi della cristallografia, mineralogia e petrografia attirarono l’attenzione dell’ United States Geological Survey (USGS) che, per la prima volta nella sua storia, iscrisse una donna. Miss Bascom “ si è rimboccata le gonne ” per studiare gli affioramenti dei monti Appalachi, la costa atlantica del Nord America e gli intriganti depositi idrotermali di Yellowstone, guidando gruppi di ricerca all’avanguardia. Il suo lavoro scientifico era tale che la pubblicazione American Men of Science la considerò nel 1906 una geologa a quattro stelle. Ma la caratteristica più importante di Florence è stata la sua veste di “madrina”: la sua determinazione a formare future geologhe ed espandere il campo americano piantando i primi semi di quella che sarebbe stata una brillante generazione di donne. Agli albori del XX secolo, Florence Bascom ha messo in moto questa catena che continua a costruirsi passo dopo passo, unendo l’esperienza delle pioniere con i sogni delle novizie. Il suo nome rimane per i posteri in un bellissimo cratere di Venere, in un asteroide attualmente in orbita attorno al Sistema Solare e nelle fredde acque di un lago glaciale nel Wisconsin. “Il fascino di ogni ricerca della verità non risiede nel raggiungimento... ma nel perseguimento.” 16

Inge Lehmann Il battito del cuore della Terra solida L’invenzione del moderno sismografo nel 1880 fece crollare le precedenti speculazioni sull’interno della Terra come un castello di carte. In quello stesso decennio, quando la scienza era ancora territorio ostile per le donne, nacque una scienziata che avrebbe risolto l’ultima grande incognita: la struttura del nucleo terrestre. Nel 1888, un’importante famiglia di Copenaghen accolse (senza rendersene conto) il suo membro più illustre: Inge Lehmann. Questa ragazza fu educata nell’ambiente egualitario di una scuola mista e progressista. Questo ambiente, anomalo per l’epoca, spinse Inge a sviluppare al massimo le sue potenzialità, ma non poté impedirle negli anni a venire di trovarsi faccia a faccia con la realtà. Studiò matematica alle università di Copenhagen e Cambridge. Dopo la laurea inizia a lavorare in un ufficio assicurativo fino a quando, nel 1925, viene assunta per allestire i primi osservatori sismologici in Danimarca e Groenlandia. In questo modo fortuito, si specializzò in sismologia in un paese praticamente antisismico ma, come avrebbe appreso in seguito, situato in una posizione ideale per registrare i terremoti in aree geologicamente attive e lontane della Terra, come il Pacifico meridionale. Nel 1927 frequentò centri di ricerca in Germania, Francia, Paesi Bassi e Belgio, che la portano in contatto con esperti dell’epoca come Beno Gutenberg. Dopo il suo soggiorno in Europa, Inge fu nominata primo Direttore del Dipartimento di Sismologia del Royal Danish Geodetic Institute . Si occupava della manutenzione e riparazione delle apparecchiature, dell’interpretazione dei sismogrammi e della pubblicazione di bollettini dati. Lavorava praticamente da sola, dandole una conoscenza senza rivali dei modelli delle onde sismiche che attraversano la Terra. Sebbene non fosse suo compito svolgere lavori scientifici, Inge era incuriosita dal fatto che le onde P non si comportassero in modo coerente con la struttura precedentemente nota della Terra. Cominciò a sospettare che qualcos’altro fosse in agguato nel nucleo liquido della Terra, mentre osservava i diversi modelli di deflessione e cambiamento di velocità sperimentati dalle onde che riuscivano a passare attraverso il nucleo. Nel 1929, un forte terremoto in Nuova Zelanda le diede la chiave del problema. Dopo anni di minuziose analisi, nel 1936 pubblicò un articolo il cui breve titolo (P’) non dava alcun accenno alla rivoluzione che avrebbe prodotto. In esso, Inge descrisse una nuova discontinuità sismica nella struttura della Terra, un nuovo confine che separa il noto nucleo esterno liquido da uno sconosciuto nucleo interno solido. Dopo questo grande traguardo, Inge continuò la sua ricerca ed divenne una delle massime esperte mondiali del mantello terrestre. Rispettata a livello internazionale, si ritirò dalla sua posizione presso l’osservatorio nel 1953 e viaggiò per il mondo per aiutare ovunque fosse necessario. È stata la prima donna a ricevere la William Bowie Medal , il più alto riconoscimento in geofisica, per essere “l a maestra di un’arte nera che un computer non può mai sostituire ”; questa frase quasi esoterica rifletteva l’analisi scrupolosa e i mezzi rudimentali con cui Inge rispondeva alle grandi domande scientifiche di un’era pre-digitale. Morì nel 1993, all’età di 104 anni, in una Danimarca antisismica . “Non ho mai notato alcuna differenza tra l’intelletto di ragazzi e ragazze, il che mi ha causato una certa delusione quando mi sono resa conto che questo non era l’atteggiamento generale.” 19

Marguerite Thomas Williams Lei aveva un sogno Le rive del fiume Anacostia erano un luogo in cui si stabilirono numerose tribù indigene del Nord America. Il fiume scorre lentamente attraverso la città di Washington prima di riversarsi finalmente nel fiume Potomac, lasciando cadere il suo grande carico di sedimenti come un’offerta. Le dinamiche fluviali del bacino idrografico di Anacostia sono state l’argomento della tesi di dottorato di una donna molto singolare, Marguerite Thomas Williams, la prima persona afroamericana a ricevere un dottorato in geologia. Correva l’anno 1942, nel pieno della seconda guerra mondiale, quando i diritti della popolazione afroamericana non erano ancora riconosciuti. Chi avrebbe potuto pensare che, 13 anni dopo, un’altra donna di colore, Rosa Parks, si sarebbe rifiutata di cedere il suo posto in autobus a un uomo bianco e avrebbe acceso il fuoco del grande movimento afroamericano per i diritti civili!. Marguerite Thomas Williams è nata la vigilia di Natale del 1895 a Washington D.C. Figlia di Henry e Clara Thomas, era la più giovane di una grande famiglia di sei fratelli. Si iscrisse alla Normal School for Colored Girls per diventare educatrice e si laureò nel 1916, assicurandosi una borsa di studio per frequentare la Howard University . Ma i suoi interessi erano al di là delle finestre della sua classe; la sua mente volava attraverso fiumi, montagne, laghi e foreste perché la vera passione della giovane Marguerite era la natura. Lavorò a tempo pieno come insegnante di scuola elementare mentre iniziava un programma alla Howard University per ricevere una laurea in geologia e si laureò nel 1923. Il professore e biologo afroamericano Ernest Everett ha avuto un ruolo fondamentale nella sua carriera. Decise di farle da mentore e guidare due donne nere attraverso le loro carriere scientifiche: Roger Arliner (la prima donna afroamericana a ricevere un dottorato in zoologia) e Marguerite Thomas. Il dott. Everett aveva riconosciuto il talento di Marguerite per la scienza, le sue capacità di pensiero critico, la sua mente scientifica e le sue qualifiche accademiche. A causa di queste qualità, Marguerite fu nominata stabilmente presso il Miner Teachers College , la scuola principale dove gli insegnanti neri andavano a formarsi. Anni dopo, il college sarebbe diventato parte dell’Università del Distretto di Columbia, dove per un decennio Marguerite servì come Presidente del Dipartimento di Geologia del College, insegnando a giovani studenti segregati a causa del colore della loro pelle. Nella sua tesi sul fiume Anacostia, Marguerite concluse che le attività umane come la deforestazione, l’urbanizzazione e l’agricoltura hanno contribuito in modo significativo alla virulenza del fiume e si sono riflesse nelle tragiche inondazioni osservate nel sistema di drenaggio di Anacostia. Non era solo una visionaria riguardo all’importanza dell’attività umana come agente geomorfologico, ma ha anche risvegliato un nuovo modo di intendere i processi geologici. Sessant’anni dopo quella tesi, ben oltre il 21° secolo, la comunità scientifica fu finalmente motivata a proporre un nuovo periodo geologico: l’Antropocene, l’era dell’uomo. Mentre grandi scalatori hanno scalato le vette più alte del mondo, incluso il Monte Everest, con sforzo e perseveranza una donna di colore ha scalato una vetta ancora più dura, per infrangere pregiudizi, disuguaglianze e razzismo. Essere neri, donna e una geologa era di grande audacia in quei tempi del dopoguerra. 20

Dorothy Hill La Amazzone dei mari corallini Ci sono pochi geologi nella storia della scienza che hanno ricevuto tante distinzioni e tributi come l’australiana Dorothy Hill, riconosciuta in tutto il mondo come un’autorità in paleontologia. La sua ricerca si è concentrata sui resti fossili di piccoli invertebrati che vivono in grandi colonie nei mari tropicali e subtropicali, che rappresentano oggi uno degli ecosistemi più minacciati della Terra: i coralli. Dorothy Hill nasce il 10 settembre 1907 a Brisbane, città cosmopolita bagnata dalle limpide acque del Mar dei Coralli. Era la terza di sette figli ed è cresciuta in una famiglia modesta senza alcun legame con la scienza. Secondo i ricordi di famiglia, Dorothy aveva una mente acuta e iniziò a eccellere nei suoi studi in tenera età. La sua vita scolastica può essere riassunta in un susseguirsi di borse di studio e successi che le hanno permesso di entrare (all’età di 17 anni) nella Facoltà di Scienze dell’Università del Queensland. Lì, la sua vocazione originale per la chimica prese una svolta. Grazie all’influenza del Professor H.C. Richards, geologo entusiasta e molto apprezzato dagli studenti, Dorothy finì per laurearsi in geologia nel 1928. E lo fece in grande stile: con una medaglia d’oro per meriti eccezionali. La giovane Hill eccelleva non solo negli studi, ma anche nello sport. Ha fatto atletica, nuoto, canottaggio... E si è distinta nella squadra di hockey femminile dell’università. Ma se c’è un’immagine simbolica di Dorothy Hill, è quella di una amazzone, poiché gran parte del suo lavoro sul campo veniva svolto a cavallo. Fu in questo modo che intraprese le sue prime ricerche, cavalcando attraverso i mari fossili dell’Australia occidentale alla ricerca di affioramenti di coralli carboniferi. Dorothy Hill andò in Inghilterra nel 1931 dopo aver ricevuto una borsa di studio per il dottorato dall’Università di Cambridge. La giovane australiana trovò il modo di incontrare i grandi paleontologi britannici dell’epoca. Acquisì solide basi nella sua materia, la paleontologia degli invertebrati marini, e adottò un approccio rigoroso al lavoro scientifico che ha applicato per il resto della sua vita. Allo stesso tempo, la vena avventurosa di Dorothy si scatenava nella verde campagna inglese: ottenne la licenza per pilotare velivoli leggeri e, da appassionata pilota, partecipò a gare automobilistiche. Rimase in Inghilterra fino al 1937, accettando l’esortazione del suo amato professore, il dottor Richards, a tornare nella sua università di origine. Tornata in Australia, iniziò una carriera scientifica senza precedenti, non solo come ricercatrice presso l’Università del Queensland, ma anche come consulente per l’industria petrolifera, applicando le sue avanzate conoscenze di stratigrafia. La sua fruttuosa carriera fu interrotta solo durante la seconda guerra mondiale, quando Dorothy si unì al servizio navale australiano per guidare una squadra di decodifica e codifica dei messaggi. Di nuovo, l’intrepida Hill. Questa grande amazzone della geologia ha lasciato un’enorme eredità di articoli e pubblicazioni scientifiche, oltre a una scia di primati: è stata la prima professoressa di un’università australiana (1959) e la prima donna presidente dell’ Australian Academy of Science (1970). Morì a Brisbane il 23 aprile 1997. “Non dovremmo aspettarci che il mondo ci dia ciò che pensiamo di meritare.” 23

Mary Leakey Il sole è grande quanto un piede umano (Eraclito) Nel 1871, Charles Darwin scrisse la seguente frase premonitrice: è molto probabile che i nostri primogenitori vivessero nel continente africano . Oggi sappiamo che le pianure della regione dell’Afar, nel deserto dell’Africa orientale, sono state la nostra culla. Abbiamo ancora gli atomi di zolfo dei vulcani del Rift e le molecole d’acqua del Nilo Azzurro nei nostri corpi. I primi segni di questo passato africano furono rivelati da una paleoantropologa di nome Mary Leakey, un secolo dopo la pubblicazione di Sull’origine della Specie. Mary Leakey nasce a Londra il 6 febbraio 1913 da una famiglia nomade e cosmopolita. Suo padre era un noto acquerellista che girava continuamente il mondo alla ricerca di paesaggi. La stessa Mary aveva undici anni quando visitò la famosa grotta di CroMagnon, che suscitò nella ragazza un grande interesse per l’antropologia e la preistoria. Dopo la morte del padre nel 1926, Mary tornò a Londra per iniziare una scuola tradizionale che, inevitabilmente, fu un clamoroso fallimento. Questa donna, che nel corso della sua vita aveva accumulato nove dottorati honoris causa , aveva a malapena una formazione accademica e frequentò solo alcuni corsi di geologia e archeologia che le permisero di farsi strada nell’universo delle spedizioni scientifiche dell’epoca. Curiosamente, è stato il talento di Mary per il disegno, ereditato da suo padre, ad aprirle le porte. Fu infatti un’altra donna, la dottoressa Gertrude Caton, a chiedere a Mary di illustrare i reperti scoperti in un’area fossilifera nel nord dell’Egitto. Fu così che l’immaginazione della giovane Mary venne finalmente catturata dall’indomito continente africano. Lì conobbe anche il suo grande amore, Louis Leakey, figlio di alcuni missionari stabilitisi in Kenya, che già si era distinto per il suo lavoro da paleontologo. Si sposarono nel 1936, formando una coppia che scrisse le pagine più brillanti della scienza sull’evoluzione umana. La mattina del 17 luglio 1959, a Olduvai Gorge (Tanzania), Mary identificò tra i sedimenti i magnifici resti di un fossile umano. Questo ragazzo, molto abile nel costruire strumenti, aveva ben 1,75 milioni di anni. L’ Homo habilis è stato rivelato al mondo con grande enfasi, dando inizio alla tradizionale ripartizione dei ruoli di genere in questo campo: mentre Mary rimaneva responsabile del sito, lavorando con costanza, discrezione e rigore, Louis si dedicò a viaggiare per il mondo come la star scientifica del momento. I Leakey riuscirono a sedurre la National Geographic Society, che divenne sostenitrice degli scavi africani. Nel 1972, dopo la morte di Louis, Mary fu definitivamente incaricata delle indagini. Questa fase è stata notevole sia per la sua enorme produzione scientifica che per l’attenzione alla formazione di esperti locali, ma anche per aver posto le basi di una metodologia di lavoro sul campo che le generazioni successive hanno seguito. Mary era ormai al tramonto della sua esistenza (1978) quando arrivò la più grande scoperta della sua carriera: i primi passi umani, la scia della curiosa scimmia che scese dagli alberi per camminare eretta sulla Terra. Le impronte di Laetoli sono state impresse sulla cenere vulcanica di Ngorongoro (Tanzania). L’ Australopithecus afarensis, il nostro remoto antenato, fece di Mary Leakey una leggenda universale Le ceneri di Mary Leakey dormono sparse sulle terre infuocate di Olduvai, cullate dalla ninna nanna dei nostri antenati. 24

Mareta Nelle West La Luna ai nostri piedi Quante volte è stata usata la frase “ ti darò la luna ”? Mareta West non ci ha proprio regalato il satellite terrestre, ma lo ha studiato e ha selezionato il luogo in cui il primo astronauta vi mise i piedi nel 1969. Indubbiamente, il suo lavoro è stato un piccolo passo per i geologi, ma un grande salto per l’umanità. La sua storia inizia 57 anni prima, nello stato dell’Oklahoma (USA), dove è nata nel 1915 in una famiglia di pionieri americani. Diversi decenni prima, i suoi nonni erano emigrati a ovest per stabilirsi in territorio indiano, come parte del ripopolamento delle terre dello stato dopo lo spostamento dei nativi americani. Mareta è cresciuta nelle città di Tulsa e Oklahoma City e, all’età di 22 anni, ha conseguito la laurea in geologia presso l’Università dell’Oklahoma, dove era membro della sorellanza Kappa Kappa Gamma. È stata una pioniera, non solo per la sua storia familiare, ma anche per il suo impegno personale. All’inizio della sua carriera, negli anni ‘40, Mareta ha lavorato per più di un decennio come geologa petrolifera nella fiorente industria petrolifera e del gas. È stata la prima geologa consulente dell’Oklahoma prima di diventare la prima geologa assunta dallo United States Geological Survey (USGS) in Arizona nel 1964. Due anni prima, nel bel mezzo della Guerra Fredda con l’ex Unione Sovietica, il presidente John F. Kennedy aveva pronunciato il discorso che avrebbe dato il via alla corsa americana verso la Luna, la cui superficie e geologia erano ancora grandi incognite. La sfida lanciata dagli USA all’URSS, che fino ad allora aveva dimostrato la sua supremazia spaziale, avrebbe fatto di Mareta West la prima astrogeologa. Era l’unica donna nel team di geologia sperimentale della NASA che ha preparato il primo atterraggio lunare con equipaggio: la missione Apollo 11. Ha partecipato allo sviluppo di mappe che sono state utilizzate per l’addestramento degli astronauti ed è stata responsabile della mappatura e della marcatura del punto di atterraggio più adatto (a sud del Mare della Tranquillità) per il fragile lander Eagle, in cui Armstrong e Aldrin avrebbero viaggiato nel luglio 1969. Mareta ha difeso con tutto il cuore la ricerca spaziale come un modo per “ decifrare gran parte di ciò che rimane sconosciuto sul nostro pianeta ”. Dopo il ritorno dell’Apollo 11, si dedicò allo studio delle informazioni, dei campioni di roccia e delle fotografie che gli astronauti raccolsero; è rimasta coinvolta, fino al suo ritiro, nella valutazione e selezione dei siti di atterraggio per le successive missioni sulla Luna e su Marte. Morì nel 1998, quasi 30 anni dopo quella grande sfida scientifica e tecnologica. Dopo la sua morte, le sue ceneri hanno viaggiato nello spazio, quel luogo che tanto sognava. “Studiare la geologia offre una prospettiva eccellente e aiuta a capire che una vita è solo un istante nella storia del nostro pianeta.” 27

Marie Tharp Accendere una luce sul fondo dell’oceano Ci sono momenti nella storia in cui individui con idee apparentemente assurde infrangono tutte le norme stabilite e ci offrono un nuovo modo di vedere e comprendere il mondo. Marie Tharp ha affrontato pregiudizi e disprezzo per portare alla luce e colorare il 70% del nostro pianeta, scoprendo per noi i misteri che sono rimasti nascosti sotto le acque degli oceani. Marie è nata nel Michigan (USA) nel 1920, in una famiglia unita dall’amore per la scienza e le lettere. Voleva dedicarsi alla Scienza, ma erano ammessi solo gli uomini; così si è laureata in Inglese e Musica. Era consapevole di cosa le riservasse il futuro come donna: una professione come insegnante, segretaria o infermiera. Scelse la prima opzione. Tuttavia, nel 1943, quando gli Stati Uniti furono coinvolti nella seconda guerra mondiale dopo l’attacco a Pearl Harbor, la carenza di uomini aprì le porte alle donne in nuovi campi professionali. Marie si iscrisse ad un Master in Geologia del petrolio e lavorò per alcuni anni nel settore come una delle prime Petroleum Geology Girls . Nel 1948 lasciò il suo posto in una compagnia petrolifera e colse l’occasione a New York. Nonostante avesse un master in Geologia e Matematica, poteva solo candidarsi per una posizione da disegnatrice alla Columbia University. Durante gli anni della Guerra Fredda, il governo degli Stati Uniti fornì ingenti somme di denaro per finanziare lo studio degli oceani e Marie lavorò per la compagnia del geologo Bruce Heezen, tracciando aerei militari affondati. Successivamente, iniziarono a mappare il fondo dell’Oceano Atlantico settentrionale in una collaborazione durata 25 anni. Bruce acquisiva i dati mentre era a bordo della nave mentre Marie li interpretava a terra, poiché alle donne era vietato salire a bordo. Nel 1953, mentre disegnava la dorsale medio-atlantica, scoprì una crepa (rift) che, secondo i suoi calcoli, avrebbe dovuto essere enorme. Consapevole che questa scoperta fosse rivoluzionaria, controllò più volte i suoi risultati. Il suo collega Bruce inizialmente etichettò le sue scoperte come “ chiacchiere da donnette ”; dopo un anno di discussioni prolungate e la produzione di nuove prove, cedette e riconobbe che la “donnetta” aveva ragione. La scoperta è stata significativa, in quanto ha definitivamente screditato l’ipotesi della Terra in continua espansione e ha dato credibilità a una teoria fino ad allora trascurata: la deriva dei continenti. Alla carta dell’Atlantico settentrionale furono aggiunte quelle dell’Atlantico meridionale, dell’Oceano Indiano e dell’Oceano Antartico e, infine, dell’intero fondale oceanico (nel 1977). Gli oceani non saranno mai più una macchia blu uniforme e monotona. Le mappe di Marie cambiarono completamente il pensiero geologico e diedero origine alla teoria della tettonica a zolle. Tuttavia, i suoi contributi furono messi a tacere e la comunità scientifica non riconobbe le sue scoperte fino agli anni ‘90. Nonostante ciò, Marie non si è mai arresa allo sconforto o al risentimento perché aveva davanti a sé una sfida entusiasmante: “ … una tela bianca da riempire di straordinarie possibilità, un affascinante puzzle da ricomporre. È stata un’opportunità irripetibile, irripetibile nella storia del mondo, per chiunque, ma soprattutto per una donna negli anni ‘40 .” E sapeva come sfruttare le opportunità di crescita. “Ero così coinvolta nel creare mappe che ho lasciato che discutessero tra loro. C’è del vero nel vecchio detto che un’immagine vale più di mille parole.” 28

Carmina Virgili i Rodon Un cammino costante verso la democrazia Interruzioni climatiche improvvise o prolungate sono state l’innesco di cinque estinzioni di massa nel corso della storia della Terra. Carmina Virgili si appassionò alla più grande di queste, l’estinzione del Permiano-Triassico, che causò la scomparsa del 96% delle specie circa 250 milioni di anni fa. Quello che forse non immaginava, studiando le rocce di quel tempo, è che lei stessa sarebbe stata la forza trainante di importanti cambiamenti nella nostra storia recente. Carmina nasce nel 1927 in una famiglia benestante di Barcellona ed i suoi genitori fecero in modo che ricevesse un’istruzione universitaria quando non era ancora comune. Ha studiato per diventare insegnante e in seguito ha conseguito una laurea e un dottorato (1956) in scienze naturali presso l’Università di Barcellona, dove ha lavorato come docente. Ha stretto uno stretto rapporto con sua madre, farmacista, dopo aver condiviso innumerevoli giorni in campagna, prima raccogliendo piante e poi facendo osservazioni geologiche. In una delle sue uscite, un contadino che l’aveva vista nella boscaglia le si avvicinò e le diede l’indirizzo di una sarta che le avrebbe dato un lavoro in modo che potesse smettere di fare cose non adatte ad una donna. Fu forse la prima volta, ma non l’ultima, che Carmina si dovette confrontare con i pregiudizi di essere donna in un ambiente maschile. Nel 1963 divenne la prima professoressa donna all’Università di Oviedo e la terza in Spagna. La sua presenza insolita ed esotica non fu ben accolta nei chiostri universitari che erano ancora riluttanti a includere le donne. Queste difficoltà non sono riuscite a limitarla, permettendole di sviluppare la sua leadership anche in condizioni avverse. Nel 1968 si trasferì all’Università Complutense di Madrid, dove ha continuato la sua ricerca e l’insegnamento fino a quando non è stata nominata Preside della Facoltà di Scienze Geologiche, la prima in una facoltà spagnola. Si è specializzata nella stratigrafia del Triassico e del Permiano, un periodo di sconvolgimenti e grandi cambiamenti, proprio come i tempi politici che ha vissuto. Negli ultimi anni della dittatura, Carmina fece parte dell’organizzazione socialista clandestina e fu coinvolta nei cambiamenti che stavano avvenendo all’università. Nel 1982 è stata Segretario di Stato per l’Università e la Ricerca nel primo governo di Felipe González e ha redatto la Legge di riforma universitaria e la Legge scientifica. Queste leggi funsero da catalizzatore affinché l’obsoleta università franchista diventasse un’università più democratica, impegnata nella ricerca ed aperta alla società. Si è dimessa nel 1985 a causa di problemi di salute della madre. Pochi anni dopo, ha diretto il Colegio de España a Parigi, dove ha lavorato instancabilmente nella divulgazione culturale e, nel 1996, ha ripreso la sua attività politica come senatrice. Il suo valore umano e scientifico le ha permesso di superare molti pregiudizi di genere, diventando un punto di riferimento e raggiungendo importanti traguardi prima vietati alle donne. La sua passione per la geologia e la sua lotta per la democrazia e la libertà le sono valse innumerevoli premi e riconoscimenti da diverse università e dai governi di Francia e Spagna. Si è spenta nel 2014 e, con la donazione del suo corpo alla scienza, ha perpetuato oltre la morte il suo impegno nella ricerca. “Mi rimane la piccola soddisfazione di pensare di aver contribuito a creare le prime scarpe con cui la nostra università ha iniziato il cammino verso la sua autonomia.” 31

María Fernanda Campa Uranga, la Chata Geologia e rivoluzione Ci sono paesi in cui la geologia è espressa in modo vivido sulla superficie, e il Messico è uno di questi. Bagnato da due grandi oceani, il Messico vive i deliri delle cinque placche tettoniche chemacchiano il suo paesaggio di vulcani, come il colossale Popocatepetl, provocano grandi terremoti e hanno segnato il suo lontano passato e la storia recente. Solo in questo contesto rivoluzionario poteva emergere una donna come la Chata Campa. María Fernanda Campa Uranga nasce a Città del Messico il 22 marzo 1940, in seno a una famiglia di sinistra militante e combattiva. Suo padre, Valentín Campa, era un dirigente sindacale della ferrovia e trascorse metà della sua vita in prigione. Sua madre, Consuelo Uranga ( la Roja ), è stata instancabile nella lotta per i diritti delle donne e tenace difenditrice dei lavoratori. Era anche una donna molto colta, sosteneva la famiglia con le sue traduzioni dal francese e dall’inglese, oltre a dirigere diversi giornali in clandestinità. Tra libri, militanza e influenza femminile, ha forgiato gradualmente la personalità agitata de la Chata Campa. A soli 17 anni, María Fernanda si è unita al Partito Comunista Messicano, avviando una militanza attiva come leader studentesca che le ha permesso di incontrare lo stesso Che Guevara nella Sierra Maestra. Durante la rivolta studentesca del 1968, ebbe la sfortuna di vivere in prima persona la strage di Tlatelolco, un genocidio che ha macchiato la storia messicana del XX secolo e che ha lasciato diverse centinaia di morti in Plaza de Las Tres Culturas. Dopo una brillante carriera scolastica, la Chata studiò ingegneria geologica presso l’Istituto Politecnico Nazionale, la prima donna del paese ad ottenere questo risultato. Come geologa, ha anche rivoluzionato la visione pubblica della Geologia. Ha partecipato alla fondazione dell’Istituto petrolifero messicano ed alla creazione del Grupo de Ingenieros Constitución del 17 , il cui obiettivo era difendere il diritto inalienabile del pubblico in generale a beneficiare delle ricchezze del sottosuolo. Ha lavorato per anni all’esplorazione dei giacimenti per la compagnia Pemex ( Petróleos Mexicanos ), dove ha conseguito il dottorato nel 1977. Fu allora che la Chata fece il passaggio all’insegnamento, fondando la Scuola di Scienze della Terra presso l’Università di Txaco e terminando la sua carriera come professoressa all’Università Autonoma di Città del Messico. Le sue caratteristiche professionali erano la perseveranza e la generosità: durante il terremoto del 2017, ormai anziana, ha guidato un gruppo di ricercatori per mappare gli effetti del terremoto a Città del Messico. Nel gennaio 2019, all’età di 78 anni, è morta la Chata Campa. La Camera dei deputati messicana ha osservato un minuto di silenzio in sua memoria. Ha lasciato questo mondo da combattente, una radicale, che si è avvicinata alla sua professione con uno scopo ideologico. La sua grande amica, la scrittrice Elena Poniatowska, le ha dedicato questa frase: “ alzi trombe d’aria sul tuo cammino ”. “Geologia e rivoluzione” erano le due passioni di questa geologa minuta, che amava leggere, conversare e lasciarsi trasportare dalla vita con quella cadenza tipica dei tropici, al riparo dalle turbolenze della Terra. “Solo leggendo, studiando e facendo domande possiamo lasciarci alle spalle l’ignoranza. Il nostro risveglio fa avanzare la cultura” 32

Katia Krafft Vita (e morte) ai margini del vulcano La maestosità dei vulcani ha affascinato ogni cultura da tempo immemorabile. Non a caso i vulcani sono stati i protagonisti di una moltitudine di miti e leggende che hanno cercato di dare un senso alla loro spaventosa e letale bellezza. Katia Krafft non è stata immune da questa attrazione e il suo coraggio nell’avvicinarsi ai vulcani ci ha dato un’eredità scientifica che non ha eguali. Katia Conrad è nata nella regione francese dell’Alsazia nel 1942. Durante la sua adolescenza ha divorato tutto ciò che aveva a che fare con i vulcani che attraversava il suo cammino. I suoi genitori, un’insegnante ed un professionista senza alcun legame con la Geologia, la portarono in un viaggio in Sicilia affinché potesse ammirare questi giganti vedendo con i propri occhi l’Etna, Stromboli e Vulcano. Ha studiato all’Università di Strasburgo, dove si è specializzata in Fisica e Geochimica. Curiosa e metodica, i suoi primi lavori scientifici hanno riconosciuto i suoi interessi nel campo della vulcanologia. In quegli anni conosce quello che sarebbe diventato suo marito e compagno, Maurice Krafft: un geologo che, proprio come lei, era cresciuto sognando i vulcani. Da quel momento in poi, le loro traiettorie professionali e personali diventarono una cosa sola. Katia e Maurice hanno dedicato la loro vita a viaggiare in qualsiasi parte del mondo che mostrasse il minimo segno di un’imminente eruzione. Fotocamere a portata di mano, sono stati pionieri nel filmare, fotografare e registrare i vulcani, spesso arrivando a pochi metri dalla lava che fluiva. Sapevano che la loro percezione del pericolo era completamente influenzata dalla loro passione per i vulcani. Come incantati dal canto di una sirena, avanzavano senza esitazione verso pericoli che chiunque altro avrebbe evitato. A volte, dicevano, non riuscivano a filmare nulla e restavano solo immobili, ipnotizzati dal caldo e dalla lava dei vulcani. Dapprima considerati stravaganti, eruzione dopo eruzione il loro lavoro iniziò a raccogliere l’attenzione e l’interesse della comunità scientifica, del pubblico e delle autorità. Sebbene i campioni di gas e roccia prelevati abbiano permesso loro di fare ricerche rilevanti, è stata la loro comunicazione scientifica a rendere i demoni del vulcano ancora più famosi. Negli ultimi anni hanno lavorato alla progettazione di campagne informative sul rischio vulcanico e sullo sviluppo di dispositivi di allarme e soccorso. Il loro documentario sulle devastanti conseguenze dell’eruzione del Nevado del Ruiz (Colombia, 1985) ha contribuito a convincere le autorità filippine, nel 1991, a evacuare l’area intorno al Monte Pinatubo nell’imminenza di un’eruzione, salvando migliaia di vite. In quello stesso anno, il Monte Unzen si risvegliò dopo più di due secoli di calma. Come al solito, Katia e Maurice mollarono tutto per andare in Giappone e filmare quella che avrebbero definito “ l’eruzione più pericolosa che avessero mai visto in vita loro ”, e ne avevano già viste più di 150 in 25 anni di carriera. Pur essendo esperti e cauti, non sono stati in grado di evitare una nube di gas surriscaldati, cenere e frammenti di roccia che li ha avvolti in una manciata di secondi. Sono morti insieme ad un altro vulcanologo ed a quaranta giornalisti che seguivano l’eruzione. Anche se dal nostro punto di vista può sembrare una fine tragica, i Krafftmorirono come avevano deciso di vivere: insieme e “ vicino a crateri, ebbri di fuoco, gas, e con i volti bruciati dal caldo ”. “Non è che flirto con la mia morte, ma a questo punto non mi interessa, perché c’è il piacere di avvicinarsi alla bestia e non sapere se ti prenderà.” 35

Kathryn Dwyer Sullivan La nostra passeggiata nello spazio “ Capelli castani, occhi verdi, 1,67 m di altezza e 68 kg di peso ”: così il rapporto ufficiale della Nasa descrive la prima donna a camminare nello spazio. Kathryn Dwyer Sullivan è nata il 3 ottobre 1952 a Paterson (New Jersey). Suo padre, ingegnere aerospaziale, ha trasmesso alla figlia l’entusiasmo per tutto ciò che riguarda il Cosmo. Ma la giovane Kathryn ha invece piantato i piedi sulla Terra, decidendo di studiare Geologia all’Università della California e laureandosi con lode nel 1973. Cinque anni dopo, nelle fredde e antiche terre della Nuova Scozia (Canada), ha conseguito un dottorato alla Dalhousie University. Durante i suoi studi in Canada, Sullivan ha partecipato attivamente ad una serie di spedizioni oceanografiche sulla dorsale medio-atlantica e nell’Oceano Pacifico. Nell’estate del 1979, la dottoressa Sullivan iniziò una rivoluzione copernicana nella sua carriera, scambiando le turbolente acque marine per il fragoroso silenzio dello spazio. Prima o poi, una persona torna alla sua infanzia. Diventando rapidamente una fondamentale astronauta della NASA, è salita a bordo dello Space Shuttle Challenger per la sua prima missione spaziale. L’11 ottobre 1984, appena 33enne, Kathryn Dwyer Sullivan entra nella Storia: diventa la prima donna ad intraprendere un’attività extraveicolare (EVA). Insieme al suo collega astronauta, David Leestma, Kathryn ha camminato per tre ore e mezza nello spazio in assenza di gravità per dimostrare al mondo che Challenger avrebbe potuto essere rifornito di carburante anche in orbita. Kathryn Sullivan ha guidato altri due voli spaziali. Nell’aprile del 1990, a bordo dello Space Shuttle Discovery, ha contribuito al posizionamento del telescopio spaziale Hubble, l’occhio dell’umanità oltre l’atmosfera terrestre. Due anni dopo, nell’aprile 1992, Sullivan fu nominata comandante dell’Atmospheric Laboratory for Applications and Sciences, situato nel modulo cargo dello Space Shuttle Atlantis. Da lì, ha diretto 12 esperimenti scientifici per esaminare l’atmosfera terrestre. Dopo aver accumulato 532 ore nello spazio, Kathryn Sullivan ha finalmente lasciato la NASA nel 1993 per ricoprire incarichi correlati in diversi istituti scientifici. Nel 2011, il Senato degli Stati Uniti ha ratificato all’unanimità la proposta del presidente Barack Obama di nominare la dottoressa Sullivan come Assistant Secretary of Commerce for Environmental Observation and Prediction, nonché amministratrice della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA). La geologa è riuscito a unire terra, mare e aria sotto l’egida di una grande responsabilità politica. Nel 2017 si è ritirata dalle cariche pubbliche e si concede una vita dedicata alla divulgazione scientifica. Ma la aspettava ancora un’altra impresa da compiere, che avrebbe stupito il mondo. Nel giugno 2020, 36 anni dopo la sua passeggiata nello spazio, Sullivan è diventata la prima donna a raggiungere il Challenger Deep, il punto più profondo della Terra, a una profondità di quasi 11.000 m nel Pacifico meridionale. Kathryn D. Sullivan ha condotto una vita piena di alti e bassi, nel senso più letterale delle parole: questa è una donna caratterizzata da altezze elevate e profonda saggezza. Il rumore del suo passaggio attraverso lo spazio continuerà a vagare per tutto ll’universo. 36

“Non dovremmo aspettarc che pensiamo di meritare”. della verità non risiede nel perseguimento”. “Non hom tra l’intelletto di ragazzi e ra una certa delusione quand questo non era l’atteggiame

rci che il mondo ci dia ciò e”. “Il fascino di ogni ricerca el raggiungimento... ma nel mai notato alcuna differenza ragazze, il che mi ha causato ndo mi sono resa conto che mento generale”.

Autrici dei testi e delle illustrazioni

Rosa María Mateos È geologa e scrittrice. Come geologa, si occupa di frane e altri perturbatori della superficie terrestre. Come scrittrice, è una narratrice incallita, attualmente focalizzata sui romanzi brevi. Il blog www.laletradelaciencia.es mette in mostra il suo lato letterario. Nel campo della divulgazione scientifica, Rosa Mateos dà il massimo. Ana Ruiz Constán Anche lei è geologa. Il nostro pianeta l’ha presto attirata, come persona curiosa e amante della natura, attraverso il fascino di terremoti e vulcani. Attualmente, Ana radiografa l’interno della Terra e analizza le sue cicatrici esterne per avvicinarsi un po’ alla sua storia e ai suoi segreti più intimi. È alla ricerca di qualsiasi iniziativa che aiuti a mostrare la Geologia per quello che è: una scienza eccitante ed utile per la società. Nívola Uyá È illustratrice e ambientalista. Nívola ha sostituito le relazioni tecniche con i pennelli e ora incanala il suo amore per la Terra e per la Natura nei libri, nei murales e nella creazione artistica in generale. Con i suoi colori, Nívola ha visitato gli affioramenti fossili di stromatoliti a Maiorca, i baobab nell’Africa occidentale, le foreste pluviali temperate in Messico e le alte montagne dell’Himalaya. Si considera molto fortunata per aver incrociato nel suo percorso persone e progetti affascinanti come GEAS. www.nivolauya.com 41

GEAS: Donne che studiano la Terra ci invita a esplorare le diverse discipline delle scienze della Terra mano nella mano con dodici donne preziose e coraggiose. Le loro esperienze e sfide vissute offrono una prova bella e illuminante dell’evoluzione del ruolo delle donne nella scienza.

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